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REFERENTI:
CRISTINA BOLZATI
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SEDE:
PADOVA
Complessi metallici per applicazioni diagnostiche e terapeutiche in medicina nucleare. Sviluppo di sistemi metallo-legante per diagnostica (es 99mTc) e terapeutico (es 64Cu). Sviluppo di sistemi molecolari organo-metallici ad azione citotossica per applicazioni in medicina.
Sintesi e valutazione biologica di composti metallici di Tecnezio-99m e Renio-188 per la teragnostica in Medicina Nucleare
I radiofarmaci (RF) sono preparazioni medicinali contenenti isotopi radioattivi, di alcuni elementi, utilizzate in medicina nucleare a scopo diagnostico e/o terapeutico. La somministrazione di RF progettati per la distribuzione 'target' specifica di un radionuclide a siti tumorali costituisce un’interessante opportunità per la diagnosi e la terapia dei tumori/metastasi. Tuttavia, la diffusione dei RF 'target-specifici' è condizionata dalla disponibilità di radionuclidi adatti, di efficienti processi di marcatura e di tecniche che ne consentano la specifica localizzazione tissutale. La chimica inorganica è da sempre protagonista nello sviluppo di RF in quanto molti dei radioisotopi utilizzati sono metalli. Tecnezio e Renio, nei rispettivi isotopi radioattivi tecnezio-99m (99mTc) e renio-188 (188Re) rappresentano un’interessante coppia di radionuclidi per uso biomedico.
Attualmente la grande maggioranza (>80%) dei RF utilizzati nella diagnostica SPECT (Single Photon Emission Tomography) hanno come base un complesso di coordinazione che contiene l’isotopo metastabile del tecnezio-99 (99mTc). Le ragioni del successo di tale radioisotopo si riassumono nelle seguenti proprietà: caratteristiche chimico-fisiche ideali (t1/2 = 6.02 h; Eγ=140 KeV); facilità di approvvigionamento e costi relativamente bassi (prodotto da un generatore facilmente trasportabile che sfrutta il decadimento del radionuclide padre 99Mo); versatilità chimica.
L’interesse verso il renio, congenere del tecnezio nel gruppo 7, è cresciuto da quando il suo isotopo 188Re [t1/2 =17 h, Eβ–=2.12 MeV; Eg = 155 KeV (15%)] è stato prodotto con un’adeguata attività specifica, attraverso un generatore, del tutto simile a quello utilizzato per il 99mTc, che sfrutta il decadimento del radionuclide padre 188W. Grazie alle sue caratteristiche nucleari il 188Re rappresenta un ottimo candidato per lo sviluppo di RF utilizzabili nei trattamenti terapeutici.
Le notevoli similitudini chimiche tra Tc e Re, che si traducono, per complessi stabili aventi stessa geometria molecolare, in un analogo comportamento all’interno di un sistema biologico (es. stessa farmacocinetica), combinate con le favorevoli proprietà fisiche e l’equivalenza dei sistemi di produzione (generatori 99Mo/99mTc e 188W/188Re), rende questi due radioisotopi una coppia ideale per lo sviluppo di composti analoghi ('matching pair') utilizzabili rispettivamente in diagnostica e nella radioterapia interna per il trattamento dei tumori (radiofarmaci teragnostici).
In questo contesto l’attività di ricerca è volta alla progettazione e sintesi di nuovi composti inorganici, utili allo sviluppo di nuove tecnologie di sintesi di radiocomplessi utilizzabili nelle applicazioni radiofarmaceutiche e medico-nucleari quali potenziali agenti teragnostici. In generale, la strategia utilizzata prevede la sintesi di complessi mononucleari asimmetrici, caratterizzati dalla presenza di diversi leganti polidentati, dove uno solo di questi è coniugato ad un vettore molecolare selezionato all’interno di opportune classi di proteine, peptidi o farmacofori. Le figure 1 e 2 ne mostrano alcuni esempi.
Le tecnologie sviluppate si basano sull’utilizzo di leganti fosfinici bi- o tridentati del tipo PNP (amminodifosfine; Fig. 1) o PS (fosfinotiolati; Fig. 2) che coordinando il metallo (M = Tc, Re) permettono, rispettivamente la formazione dei frammenti molecolari reattivi [MV(N)PNP]2+ e [MIII(PS)2]+. La sfera di coordinazione del metallo viene saturata da chelanti bidentati (XY) contenenti atomi π-donatori soft/s-donatori, come le coppie NH2˄S-, O-˄ S-, S˄S- o N˄S-, in grado di formare complessi stabili ed in alta resa. Se al chelante XY viene coniugato un gruppo farmacoforo, un peptide o una proteina si formano costrutti utilizzabili per il targeting molecolare.
I vantaggi nell’impiego di queste tecnologie sono:
i) elevata efficienza di marcatura ottenuta attraverso una procedura sintesi facilmente trasferibile ad un kit liofilizzato (cold-kit) adatto alla somministrazione nell’uomo;
ii) elevata stabilità in vivo dei complessi finali;
iii) facile coniugazione con i vettori molecolari selezionati.
La tecnologia che utilizza il frammento molecolare [MV(N)PNP]2+ è stata utilizzata anche per la sintesi di una classe di complessi monocationici del tipo [99mTc(N)(DTC)(PNP)]+ (DTC è un legante ditiocarbammico). Gli studi in vivo ne hanno rivelato le interessanti proprietà biologiche quali un’elevata e persistente localizzazione cardiaca ed elevati rapporti cuore/polmoni e cuore/fegato caratteristiche che li rendono utilizzabili nell’imaging cardiaco.
Inoltre, studi volti a chiarire i meccanismi di distribuzione, ritenzione ed eliminazione di questi complessi hanno dimostrato che il loro rapido efflusso dai tessuti non bersaglio è fortemente correlato all'azione di trasportatori P-gp (glicoproteine-p), suggerendo che il frammento molecolare [Tc(N)(PNP)]2+ potrebbe essere identificato come substrato di P-gp MDR e delle proteine ad esse associate (MRPn, BCRP), aspetto che lascia intravedere la possibilità di ampliare l'ambito di applicazione all'imaging e monitoraggio di forme neoplastiche, nonché nella determinazione dell'attività, espressione e funzione delle P-gp nel cancro e nelle malattie neurodegenerative come l'AD, PD e l'epilessia.
Complessi di rame(I) come potenziali agenti antitumorali
Dagli anni ’70, basandosi inizialmente sul concetto che il rame, elemento essenziale, poteva essere ritenuto meno tossico rispetto a un metallo non essenziale come il platino, sono stati sintetizzati complessi di coordinazione di rame con diverse classi di leganti di cui è stata studiata l’attività antiproliferativa in test in vitro verso diversi tipi di cellule tumorali. Il cis-diamminodicloro platino(II) (cisplatino) dopo 35 anni dalla sua approvazione come chemioterapico è ancora tra le cinque molecole più utilizzate soprattutto nella cura del cancro ovarico, testicolare, polmonare e della vescica. Il mercato mondiale del cisplatino e di altri due antitumorali a base di platino, carboplatino e ossaliplatino, è valutato in alcuni miliardi di dollari. Sfortunatamente l’uso continuativo di questi farmaci è limitato fortemente da severi effetti collaterali dose-dipendenti (soprattutto nefrotossicità e neurotossicità) e da fenomeni di resistenza intrinseca o acquisita al farmaco da parte delle cellule cancerose.
La ricerca di nuove molecole contenenti un metallo (metal-based drugs) biologicamente attive e in grado di superare gli svantaggi del cisplatino ha portato negli ultimi 30 anni alla sintesi di migliaia di nuovi composti a base metallica, di cui nessuno però finora è entrato nella pratica clinica. Il rame è un elemento endogeno che si trova in tutti gli organismi viventi ed è fondamentale in numerosi processi di ossidoriduzione e per il funzionamento di una serie di metallo enzimi. La sua concentrazione è strettamente regolata da processi di omeostasi poiché livelli alterati di rame sono associati a stati patologici come la sindrome di Menkes e la sindrome di Wilson caratterizzate rispettivamente da una deficienza e da un eccesso di rame nell’organismo. Diversi studi hanno però dimostrato che nelle cellule tumorali c’è un abnorme accumulo di questo metallo dovuto all’alterato metabolismo delle cellule tumorali rispetto alle cellule normali e questa maggiore “avidità” di rame può rappresentare un vero e proprio target per lo sviluppo nuovi agenti chemioterapici a base di questo metallo. Basandosi su questo concetto negli ultimi anni ricercatori dell'ICMATE hanno sintetizzato diverse famiglie di complessi tetraedrici di Cu(I) e variando sistematicamente le proprietà chimico fisiche dei leganti utilizzati hanno cercato di trovare delle relazioni tra attività biologica e carica, lipofilicità e/o dimensione dei composti ottenuti. In particolare sono stati studiati complessi omolettici di Cu(I) contenenti fosfine alchiliche terziarie idrosolubili. Tali composti (del tipo “CuP4”) sono idrosolubili, stabili alla dismutazione in acqua e hanno dimostrato una notevole attività citotossica verso linee cellulari di tumore umano anche resistenti al cisplatino. Il più attivo della serie si è rivelato essere [Cu(thp)4][PF0] (thp = trisidrossimetilfosfina), composto idrofilico con elevata attività antitumorale per il trattamento di tumori solidi anche refrattari. [Cu(thp)4]PF6 è stabile e solubile in ambiente acquoso, ha dimostrato in vitro una tossicità verso numerose linee cellulari tumorali umane mediamente 2-40 volte più alta del cis-platino, chemioterapico di riferimento, e al contempo una bassa tossicità dovuta alla sua selettività verso cellule tumorali rispetto a cellule normali. Inoltre, è altamente specifico verso linee cellulari di tumore al colon ed è attivo su linee resistenti al cis-platino e all’oxaliplatino, Tale composto è perciò in grado di superare le criticità dimostrate dai farmaci a base di platino, soprattutto la tossicità e la resistenza intrinseca o acquisita, esplicando al contempo una migliore attività citotossica. L’ipotesi che il suo target sia diverso dal DNA è stata confermata da studi sul meccanismo di azione che hanno evidenziato una inibizione dell’attività del proteasoma 26S associata a uno stress del reticolo endoplasmatico e all’attivazione della paraptosi, un meccanissmo di morte cellulare programmata alternativa all’apoptosi. L’efficacia antitumorale di [Cu(thp)4]PF6 è stata confermata da studi in vivo su topi nei confronti di leucemia murinica e di carcinoma polmonare di Lewis. Studi di spettrometria di massa sull’interazione di [Cu(thp)4][PF6] con peptidi modello contenenti residui metioninici analoghi a quelli incorporati nel dominio extracellulare di hCtr1, trasportatore transmembrana del rame endogeno, avvalorano l’ipotesi che lo ione Cu+, o specie cariche contenenti 1 o 2 molecole di fosfina del tipo [Cu(thp)1/2]+, derivanti dagli equilibri in soluzione che si instaurano a concentrazioni micro molari, possano venire internalizzate sfruttando i meccanismi di trasporto propri del rame endogeno.
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